L’ADHD è il disturbo dell’età evolutiva più diffuso, eppure non abbiamo dati sicuri sulla sua diffusione né sull’accesso ai servizi a causa dell’assenza di un registro nazionale. Ci si affida dunque a studi statistici e survey. Secondo le ultime rilevazioni, la prevalenza mondiale della diagnosi di ADHD nei bambini e negli adolescenti è stimata intorno al 5,9-7,1%. In Italia, il dato dovrebbe attestarsi attorno al 3-4%.
Oggi, i servizi territoriali sono sempre più attenti nel diagnosticare l’ADHD e nell’attivare i protocolli necessari al trattamento di questo disturbo. In questo contributo, vogliamo approfondire il tema dell’’ADHD nei bambini in età evolutiva e dell’approccio ad un bambino con ADHD in classe.
ADHD: che cos’è?
L’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un disturbo del neurosviluppo che si manifesta con difficoltà di attenzione, iperattività e impulsività. Questi sintomi devono essere presenti per almeno 6 mesi per poter ricevere una diagnosi di ADHD.
Il disturbo è stato descritto per la prima volta nel 1902 da uno psichiatra tedesco, ma solo negli anni ’70 è stato formalmente riconosciuto e incluso nei manuali diagnostici. Da allora, la comprensione e la conoscenza dell’ADHD sono aumentate significativamente, anche se ci sono ancora molte cose che non sappiamo su questo disturbo.
Le cause dell’ADHD
Le cause dell’ADHD non sono ancora del tutto note, ma si ritiene che siano il risultato di una combinazione di fattori genetici, ambientali e biologici. Alcune ricerche suggeriscono che l’ADHD possa essere legato a problemi dello sviluppo cerebrale, a cambiamenti nei livelli di determinati neurotrasmettitori, o anche a fattori ambientali come l’esposizione a sostanze tossiche durante la gravidanza.
Sintomi dell’ADHD
I sintomi più comuni dell’ADHD sono la difficoltà a concentrarsi, l’iperattività e l’impulsività. Le persone con ADHD possono avere difficoltà a rimanere concentrate su un’attività per un lungo periodo di tempo, possono inoltre essere facilmente distratte e agire in modo impulsivo.
L’ADHD può manifestarsi durante l’età dello sviluppo e si può presentare in diverse forme, le più comuni sono tre:
- ADHD di tipo prevalentemente iperattivo-impulsivo,
- ADHD di tipo prevalentemente inattentivo,
- ADHD combinato delle due forme precedenti.
I sintomi dell’ADHD possono essere più evidenti in alcune situazioni rispetto ad altre, come ad esempio in classe, dove i bambini con ADHD possono mostrare in modo più evidente la loro difficoltà a seguire le istruzioni, a rimanere seduti a lungo, a mantenere l’attenzione e a controllare l’impulsività.
APPROFODIMENTI
Per approfondire il tema e in particolare come riconoscere e trattare ADHD, leggi il nostro articolo dedicato
Riconoscere e trattare l’ADHD
Bambini con ADHD: quali trattamenti?
Il trattamento dell’ADHD nell’età dello sviluppo include diverse possibilità terapeutiche, che vanno combinate tra loro al fine di creare un ambiente positivo e di supporto per il bambino affetto da ADHD. Ecco i principali approcci all’ADHD nell’età dello sviluppo e nell’infanzia.
- Terapia comportamentale: questo tipo di terapia mira a insegnare alle persone con ADHD le abilità necessarie per gestire i loro sintomi e migliorare le loro capacità di attenzione e di controllo degli impulsi. La terapia comportamentale può essere effettuata individualmente o in gruppo e può coinvolgere la famiglia.
- Terapia farmacologica: alcuni farmaci possono essere utilizzati per trattare i sintomi dell’ADHD all’interno di una terapia farmacologica studiata dallo specialista; si tratta di farmaci come gli stimolanti (metilfenidato, Ritalin, Adderall) e altri classificati come non stimolanti ( atomoxetina, guanfacina, clonidina).
- Interventi scolastici: gli insegnanti possono adottare diverse strategie per aiutare le persone con ADHD a gestire i loro sintomi a scuola. L’intervento deve mirare a creare un ambiente di apprendimento strutturato e organizzato, fornendo istruzioni chiare e ripetute e utilizzando tecniche di rinforzo positivo.
- Interventi psicologici: alcune tecniche di terapia come la psicoterapia cognitivo comportamentale (CBT) e la terapia di supporto possono essere utilizzate per aiutare le persone con ADHD a gestire le emozioni e i comportamenti associati alla condizione.
Interventi familiari: La famiglia gioca un ruolo importante nel supporto e nella gestione della condizione, in quanto può aiutare a creare un ambiente di vita organizzato, a stabilire regole e routine, a fornire supporto emotivo e a incoraggiare un atteggiamento positivo.
Bambino con ADHD in classe: cosa fare?
L’ambiente scolastico è particolarmente importante, perché è l’ambiente in cui il bambino con ADHD può soffrire maggiormente la sua condizione, per le sfide che la scuole gli mette davanti. Allo stesso tempo, è anche l’ambiente che può consentirgli di mettere a frutto le proprie qualità e competenze valorizzando le specificità e creando un percorso di crescita ad hoc. Ecco gli approcci che un insegnante dovrebbe mettere in atto con un bambino con ADHD.
- Comprendere la condizione e le sue sfide: è importante capire la diagnosi di ADHD e le sfide che un bambino con questa condizione potrebbe affrontare in classe, come la difficoltà a concentrarsi o a controllare i comportamenti impulsivi.
- Stabilire una routine e una struttura chiare: una routine e una struttura chiare possono aiutare a mantenere la concentrazione del bambino e a creare un ambiente di apprendimento stabile.
- Fornire feedback costante e positivo: incoraggiare il bambino con commenti positivi sul suo comportamento e sul suo lavoro aiuta a mantenere la motivazione e la fiducia.
- Incoraggiare la partecipazione attiva in classe: coinvolgere il bambino in attività di gruppo e incoraggiarlo a partecipare attivamente in classe può aumentare la sua concentrazione e la sua partecipazione.
- Modificare il compito in modo appropriato: adattare il compito per soddisfare le esigenze del bambino, ad esempio fornendo istruzioni verbali invece che scritte, può aiutare a mantenere la concentrazione e a migliorare la comprensione.
- Lavorare in collaborazione con genitori e professionisti sanitari: è sempre fondamentale non agire per iniziativa privata, ma lavorare a stretto contatto con genitori e professionisti sanitari.