La depressione è una patologia complessa, che si articola in molteplici disturbi e sintomatologie. Uno dei sintomi del malessere depressivo è l’anedonia. Scopriamo di cosa si tratta.
Cos’è l’anedonia?
Anedonia è un termine che deriva dal greco e letteralmente significa “assenza di piacere”. Non sempre l’anedonia impedisce ogni tipo di piacere e può limitarsi a specifiche esperienze, confinata a un solo ambito (o a un numero limitato di ambiti), come quello del cibo o del sesso, delle interazioni sociali o delle relazioni. Possiamo inquadrare l’anedonia, dunque, come una forma di appiattimento dello stato emotivo, una sorta di riduzione generale dell’espressività emotiva.
A livello teorico l’anedonia può essere definita sia come tratto sia come stato. In teoria clinica, definiamo l’anedonia come “tratto” se si manifesta come incapacità permanente di provare piacere, addirittura fin dall’infanzia, ed è riconosciuta anche dal paziente stesso. Lo “stato”, invece, può essere definito come una pervasiva, non reattiva, compromissione della capacità di provare piacere per cose specifiche in un determinato momento.
È possibile distinguere principalmente tra due tipologie di anedonia.
- Anedonia sociale: l’individuo manifesta disinteresse e mancanza di piacere verso le relazioni sociali, isolandosi;
- Anedonia fisica: include in particolare l’assenza di piacere e il disinteresse verso il cibo e verso altri tipi di attività.
L’anedonia come sintomo
In ambito psicopatologico consideriamo l’anedonia come un sintomo e non come un disturbo: si tratta, infatti, di una delle manifestazioni della depressione, ma è riscontrabile in moltissime condizioni mediche e psichiatriche.
Distinguere il sintomo dal disturbo, per esempio l’anedonia dalla depressione, è fondamentale per comprendere dinamiche e radici della sofferenza. Infatti, la depressione è costituita, oltre che dall’anedonia, da una costellazione di sintomi variegati; viceversa, il sintomo dell’anedonia non implica necessariamente l’esperienza frequente e intensa di sentimenti di tristezza e autosvalutazione, ma implica la sensazione di aver perso la capacità di provar piacere per ciò che per l’individuo, prima, era fonte di piacere.
L’anedonia può comparire anche in altre aree psicopatologiche, fra cui la schizofrenia e i disturbi psicotici. Nell’ambito dei disturbi psicotici, è stato studiato come l’anedonia di tipo “sociale”, cioè la perdita del piacere per le interazioni sociali, sia correlata a un aumento della possibilità di un esordio psicotico. Nell’ambito degli studi sulla schizofrenia, inoltre, i ricercatori hanno dimostrato una maggiore anedonia fisica in pazienti schizofrenici rispetto ai soggetti normali.
Nell’ambito delle dipendenze di sostanze, l’anedonia è considerata come un “rinforzo negativo” nell’astinenza da sostanze d’abuso, legandosi a una “disregolazione omeostatica edonica” di origine dopaminergica.
Infine, l’anedonia è uno dei sintomi di diversi disturbi neurologici, come la malattia di Parkinson, dove si associa spesso a disturbi cognitivi e acinesia e correla con i ridotti livelli di dopamina.
Differenze tra anedonia e apatia
Seppure sintomi molto spesso coesistenti in uno stesso disturbo, anedonia e apatia non sono sinonimi. L’apatia è la perdita o la riduzione della motivazione rispetto ad uno stato precedente, associato ad una alterazione dei comportamenti diretti ad uno scopo, delle funzioni cognitive e dell’emotività. In altre parole, gli individui affetti da apatia hanno difficoltà nell’intraprendere nuovi comportamenti o iniziative. L’anedonia è, invece, una marcata e persistente riduzione di interesse o piacere per la maggior parte delle attività di vita quotidiana.
I processi neurobiologici e neuropsicologici dell’anedonia
Restano, ancora oggi, non del tutto chiari i meccanismi eziopatogenetici alla base dell’insorgenza dell’anedonia. Sembra che alle disfunzioni dopaminergiche si leghino molteplici fattori causali (genetici, ambientali, culturali, sociali) i quali, interagendo tra loro, contribuiscono a definire un quadro patologico complesso.
A livello neurobiologico, infatti, l’esperienza del piacere implica l’attivazione di un complesso insieme di processi neurochimici e di attività di specifiche aree cerebrali. Le ricerche indicano come a livello neuro cognitivo l’anedonia possa essere definita come un deficit a seguito di interferenze nei meccanismi neurali che processano la ricompensa. In particolare, il deficit risiede nei processi che motivano l’individuo a mettere in atto un’azione o un comportamento, alterando la valutazione dei potenziali benefici per il comportamento rispetto al costo dello sforzo richiesto per raggiungerli. L’esperienza del piacere è associata all’attivazione delle aree cerebrali dei circuiti della ricompensa e della gratificazione che sono regolate principalmente dalla dopamina. Durante la fase anticipatoria della sensaizione di piacere e durante l’esperienza stessa si assiste ad una attivazione delle aree dopaminergiche del circuito meso-limbico e delle aree connesse ad esso, quali la corteccia orbitofrontale, la corteccia anteriore cingolata, la corteccia prefrontale mediale. L’attivazione di questo complesso sistema neurochimico e neuroanatomico è finalizzata alla pianificazione e motivazione per l’attuazione di specifici comportamenti diretti ad uno scopo, come ad esempio condotte orientate al raggiungimento del piacere e della gratificazione.
Tuttavia, il complesso fenomeno dell’anedonia non coinvolge solo le vie dopaminergiche, ma anche altri sistemi neurochimici come gli oppioidi endogeni e il sistema noradrenergico.
Come trattare l’anedonia
In quanto sintomo, l’anedonia non può essere trattata come un disturbo autonomo. Viceversa, deve essere affrontata all’interno di un percorso terapeutico rivolto al disturbo che la causa, per recuperare un pieno benessere mentale.
Serve, dunque, un approccio complesso e multidisciplinare al malessere neuropsicologico. Come quello del metodo Bonci, ideato dal Prof. Antonello Bonci nei centri di ricerca statunitensi, che unisce la psicoterapia alla terapia farmacologica e, soprattutto, al trattamento TMS, ora disponibile presso le cliniche Brain&Care di Milano, Rimini e Torino, che propongono l’esperienza di specialisti di livello internazionale per costruire percorsi terapeutici su misura per trattare numerose patologie e forme di malessere psicofisico, come le dipendenze, la depressione, l’ansia, il disturbo ossessivo compulsivo, il morbo di Parkinson.
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